venerdì 4 dicembre 2009

NEMICO PUBBLICO


Ed eccoci ad un nuovo intervallo di tipo cinematografico. Mi permetto di recensire il film "Nemico Pubblico", di Michael Mann, con Johnny Depp, Marion Cotillard, Billy Crudup e Giovanni Ribisi.

NEMICO PUBBLICO (Public enemies; Usa - 2009) di Michael Mann.

Il film ricalca in maniera fedelissima la vita (e la morte) del celebre gangster John Dillinger, divenuto nemico pubblico n. 1 nell'America della grande depressione. Non fu il solo, Dillinger, a prendere la strada del crimine, perchè come lui operarono altri leggendari gangsters quali "Baby Face" Nelson (Stephen Graham, l'attore che lo interpreta, è identico all'originale storico) "Pretty Boy" Floyd, Alvin Karpis (interpretato da Giovanni Ribisi) Walter Dietrich e "Machine Gun" Kelly, tutti divenuti tristemente famosi per la quantità di crimini commessi.

Il ritratto che emerge di John Dillinger, però, è diverso da quello degli altri criminali del tempo, come ad esempio di quello del sanguinario "Baby Face" Nelson (con cui "collaborerà" saltuariamente per un breve periodo) perchè John, interpretato molto bene da Johnny Depp (che però non assomiglia granchè al vero Dillinger) rapinava banche, si, ma non rapinava le persone. Anzi...era solito persino bruciare i registri contabili dove erano annotati i debiti e le ipoteche, cosa per cui fu visto quasi con simpatia dalla gente comune.

Rapinò tantissime banche, Dillinger, e con lui la sua gang di rapinatori tanto fedeli quanto incalliti e fu così difficile da catturare che dopo qualche anno fu considerato dalle istituzioni americane: "nemico pubblico n.1". I tempi vissuti da Dillinger, però, andavano cambiando. Andava formandosi l'FBI, coi suoi innovativi metodi di ricerca e sotto la guida propagandistica ma lungimirante di Edgar J. Hoover (nel film, Billy Crudup) ed andava cambiando persino il mondo criminale (come ben sottolineato nel film dall'organizzazione di Frank Nitti, che prima familiarizza con Dillinger, ma dopo lo osteggia). Il crimine diviene organizzato, indossa i colletti bianchi, gioca di frode, truffa, corse clandestine, e vede di cattivo occhio tutti quei colpi ad effetto, come le rapine, che rischiano di portare la polizia sulla pista di un'organizzazione altrimenti molto ben mimetizzata. E' per questa ragione, dunque, che a Dillinger iniziano ad essere negate le "case protette", cioè quei tipici luoghi sicuri dove i criminali trovavano rifugio, così come le confidenze. Dillinger, in pratica, viene isolato.

Sulle sue tracce, tra l'altro, c'è un G-Man di nuova impronta, Melvin Purvis, interpretato in maniera a mio avviso opinabile da Christian Bale (il quale non rende bene la battaglia interiore che l'umanissimo agente federale visse durante tutta la sua permanenza nell'FBI; tanto è vero che morì suicida un anno dopo la morte di Dillinger). Proprio Melvin, ad ogni modo, costituisce una squadra di agenti esperti, indaga, rintraccia Dillinger, se lo lascia scappare...fino al tragico epilogo. John Dillinger, gangster fascinoso ed impudente, morì all'uscita di un cinema (dove era andato a vedere un film di gangster con Clark Gable!) Freddato da Purvis ed i suoi agenti dopo la soffiata di un'informatrice poi divenuta famosa come "la donna in rosso". Dillinger aveva 32 anni e abbandonava così la sua intensa storia d'amore con la proletaria Billy Frechette, un'oriunda mezza francese e mezza pellerossa che gli fu compagna ed amante (grande prova, nel ruolo, di Marion Cotillard).

Che dire del film? Mi sembra che Mann opti per una sceneggiatura piana, forse la più ideale per raccontare un film quasi storico e documentaristico, rischiando però di far implodere la lunga pellicola su se stessa, a causa del processo monocorde con cui il film progredisce. Qualche curiosa scena girata in presa diretta, però, le belle scene di sparatorie (Mann ne è maestro, ricordate la sparatoria tra rapinatori e polizia in "the heat"?) Ed una bella prova di attori rendono l'opera assolutamente godibile, anche se forse non straordinaria, e trasformano il "già visto" in un bella prova di classicismo cinefilo misto a qualche tocco di modernismo. Il film, insomma, si lascia vedere bene e la storia raccontata è per una volta fedelissima alla realtà storica; senza le consuete esagerazioni abbastanza tipiche del cinema hollywoodiano. Voto personale: 7.

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