venerdì 2 ottobre 2009

LA VITA DOPO IL SUMO


Il sempre grande Pierfranco Spaziani mi invia con una mail questo articolo estremamente interessante riguardante la vita degli ex lottatori di Sumo. L'articolo è redatto da "Il sole 24 ore.com" e scritto da Nanako Yamamori, bella giornalista giapponese che vive e lavora in Italia, a Firenze (nella foto). Leggiamolo:

"La libertà di scegliere è la prima difficoltà che affrontano gli ex lottatori di Sumo quando si ritirano dal ring. Scegliere che cosa mangiare, come vestirsi, come portare i capelli, a che ora svegliarsi sono solo i primi problemi da risolvere. C'è da organizzare da capo la propria vita. Molti ex giocatori di Sumo diventano cuochi o aprono ristoranti. I piaceri della tavola, infatti, sono gli unici che i lottatori possono concedersi senza limiti. Cucinare tra l'altro è una delle prime cose che i principianti sono obbligati a fare una volta entrati in una società. E finiscono per diventare dei veri gourmet, dato che hanno modo di degustare le varietà culinarie di diverse regioni durante le tournée per il Giappone. Giuliano Kotinda Tussatto è nato in Brasile da padre lucchese e madre brasiliana. Ci accoglie nel suo bar a Tokyo. Ha dovuto rinunciare al Sumo dopo otto anni di carriera per via di un piede rotto e di suo padre malato. Era il 1999. «Tanti giovani lottatori non sopportano la disciplina severa - spiega -, perciò i miei ex compagni sono invidiosi di chi se ne è andato, come me. Ma gestire un bar è più difficile: c'è molta concorrenza in questa zona e l'affitto è carissimo. Quando ero con la squadra, invece, non c'erano preoccupazioni. Avevo un lavoro, un posto dove dormire e mangiare. Perciò dico a tutti di rimanere con la squadra finché è possibile». Nelle parole di Giuliano c'è ancora la forza di chi ha dato l'anima per questo sport. «Il sumo richiede una devozione totale alle regole sociali, è stato una bella sfida per me. Sono riuscito a imparare la lingua in tre mesi e la notte mi alzavo per fare pratica. Dopo aver smesso, ho evitato il mio maestro per otto anni. Non sono ancora pronto a incontrarlo, devo prima dimostrare il mio valore nella mia nuova vita». Naoki Hino, dopo dodici anni di carriera è diventato ristoratore a Tokyo. La sua specialità è il Chanko-Nabe, una specie di zuppa a base di pollo, verdure e tofu. È il piatto tipico dei lottattori di Sumo, nonché il segreto per ingrassare. «Quando mi dicono che il piatto è bello da vedere e buono da mangiare sono molto contento. Mi è sempre piaciuto cucinare per gli altri. Adesso tra l'altro ho due figlie ed è il mio ristorante che le mantiene». I giocatori di sumo sono strapagati e spesso finiscono invischiati tra gossip e scandali come delle vere star. Yasokichi Konishiki, hawaiano con genitori samoani, è il lottatore più pesante della storia di questo sport con i suoi 285 chili e il primo campione straniero diventato Ozeki, il livello un gradino inferiore al top. Il successo nel mondo del Sumo gli ha aperto le porte per realizzare il suo sogno: la musica. Produttore e cantante pop in sei lingue, conduce programmi televisivi per bambini. «Il Sumo è basato sulla gerarchia - spiega Konishiki -. Se sei un novizio devi servire i tuoi superiori, se sei un campione guidi i tuoi allievi. Ma è soprattutto una battaglia contro te stesso. Sul ring ho imparato quanto dolore posso sopportare e quanti sforzi riesco a fare per essere forte». Konishiki ha sacrificato molte cose per il Sumo. «Non sono potuto andare nemmeno ai matrimoni dei miei parenti. Adesso voglio passare più tempo con loro e avere una famiglia mia. Sono cresciuto con la musica, alle Hawaii, dove tutti sanno ballare e cantare, ora vorrei portare gli artisti di quelle lontane isole in Giappone». Il mondo dello spettacolo è un magnete per gli ex lottatori di Sumo. Yasuyuki Hirose è nella sala prove dove sta preparando il prossimo spettacolo. Uno dei suoi sketch più popolari consiste nel far sparire un recipiente con un litro e mezzo di acqua dietro la sua immensa testa e poi berla tutta d'un fiato. «Il Sumo era duro per me. Avevo sempre mal di pancia, ero molto timido, non riuscivo nemmeno a guardare negli occhi la persona con cui stavo parlando. Per vincere la timidezza mi sono iscritto a una scuola per personaggi televisivi, poi ho superato un provino per una grande agenzia di casting: ora faccio il comico per il piccolo schermo. Grazie al sumo ho superato i miei limiti». Anche Sanyutei Utamusashi è stato lottatore di Sumo per sei mesi. Ora è un maestro di Rakugo, un genere di commedia comica tradizionale giapponese. «A me piacciono le regole - spiega - nel mondo dell'arte tradizionale, come quello del Rakugo, la disciplina è importante. Non importa la tua popolarità in tv o a teatro, ogni volta sei solo con il tuo monologo davanti al pubblico. Il Sumo non era per me, ma senza Sumo non sarei arrivato dove sono ora». Il duro allenamento fisico può aprire le porte per un altro sport. Tango Hoshi è diventato professionista di lotta libera. È salito sul ring nel 1986 a 22 anni, quando non conosceva né il Giappone, né la lingua. Oggi vive a Ryogoku, la mecca del Sumo. «Ho imparato a essere disciplinato e a rispettare gli altri - racconta - i sacrifici e le regole sono fondamentali per imparare a vivere in Giappone. Anche se la lotta libera è tecnicamente molto diversa dal Sumo, ci sono degli aspetti in comune importanti, come il rispetto per l'avversario». «Quando si è infortunati, viene da pensare al futuro» dice Yoshinori Tashiro, soprannominato Tassy. I suoi genitori gli regalarono un computer per il suo ventesimo compleanno e lui imparò a realizzare siti internet, costruendone uno per la sua squadra. Tra i tifosi è conosciuto come un intellettuale tecnologico. Dopo nove anni di carriera, nel 2005 si è infortunato e ha sentito la necessità di cambiare lavoro. Ha iniziato a creare siti per alcuni colleghi e a scrivere dell'attività della squadra sul suo blog. Oggi lavora come web designer freelance. Vive nella periferia di Tokyo e si occupa della contabilità di un supermercato vicino a casa.Ma quali sono i requisiti necessari per diventare lottatore di Sumo? In teoria possono farcela tutti i ragazzi alti almeno un metro e 67 che superano i 67 chili di peso. Occorre anche aver domato il freddo dell'inverno combattendo nudi, vincendo il campione e imparando a disciplinare il proprio tempo e il proprio spazio. Lasciare il ring non è la fine: quando si entra nel mondo del Sumo la lotta continua per sempre, anche nella nuova vita".

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